Nel primo capitolo di questa seria abbiamo parlato dell’inventore del gioco, Alexey Pajitnov, un 29 enne creò questo videogioco come un progetto interessante – mentre lavorava per il governo russo.
Siamo a Mosca nel 1985, un momento in cui il sistema economico sovietico non funziona molto bene… C’era però una isola felice per gli ingegneri chiamata Darodnicyn Computing Center, il centro di ricerca e sviluppo del governo dove le persone più intelligenti del paese potevano pensare e lavorare con un ampio margine di libertà. Lo scopo era di tenere le menti migliori essenziali per tenere un vantaggio tecnologico in militare.
L’industria aerospaziale del paese gli dava molti spunti per lavorare e in quel periodo Alexey studiava le traiettorie dei satelliti artificiali orbitanti: gli sputnik.
Oltre allo spazio e all’elettronica Alexey era anche un amante dei giochi da tavolo che lo portavano a passare grandi quantità di tempo dietro alla dama, gli scacchi, i puzzle, e un gioco a noi poco conosciuto chiamato pentomino che consisteva nell’unire dodici forme differenti fino a che non si riusciva a realizzare un quadrato perfetto.
Alexey comincia a trasferire il pentomino sul suo processore perdendoci molto tempo e fumando quantità industriali di sigarette.
Un’impresa veramente ardua che lo portò a diminuire i pezzi da dodici a quattro. Una volta colorati tutti diversamente, il primo problema. Cosa fare di questi pezzi? Alexey arrivò subito alla soluzione: la gravità. I pezzi, chiamati tetramini cadevano dall’alto per posarsi sul fondo.
Ogni volta che i tetramini riuscivano a riempire una linea interamente da destra a sinistra questa veniva eliminata e assegnando al giocatore un punteggio. Due righe in un solo colpo? Punteggio più alto, e così via. Ovviamente come ben sapete i pezzi potevano anche essere ruotati. La regola che Alexey decise già da subito fu quella del tempo infinito: un giocatore più era bravo e più avrebbe continuato la propria partita.
In poco, pochissimo tempo quel gioco divenne una droga per Alexey! Ci passava tanto di quel tempo sopra a giocarci e a perfezionarlo che per un attimo pensò di essere prossimo alla pazzia… Continua
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